Eroi e Miti della Tomba François- Parte IV
Cassandra
Prima di iniziare la narrazione delle vicende di Cassandra va detto che le sue doti di profetessa ci sono note non dall’Iliade ma da un poemetto epico, “I Ciprya” risalente intorno alla fine del VII secolo a.C., che riferisce in forma scritta episodi del Ciclo Troiano tramandati sino ad allora solo in forma orale.
Per Omero infatti Cassandra era solo “la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba” peraltro promessa in sposa al guerriero Otrioneo. Furono i commentari dell’Iliade ad attribuirle il dono della profezia
Nella versione dell’Iliade che noi conosciamo Cassandra, era la figlia di Ecuba e di Priamo re di Troia e sorella gemella di Eleno. Data la sua bellezza, ricevette le attenzioni di Apollo che per ingraziarsela, le fece dono della profezia. Tuttavia la fanciulla rimase insensibile alle proposte del dio che comunque le chiese un solo bacio. Mentre Cassandra lo baciava le sputò nella bocca per far sì che nessuno credesse mai a ciò che essa avrebbe profetizzato.
In merito a questa sua dote c’è tuttavia da riferire anche un’altra versione. Era la ricorrenza del compleanno di Priamo e tutti facevano festa nel santuario di Apollo Timbreo, Cassandra ed il suo gemello Eleno stanchi di giocare, si addormentarono, mentre i genitori, completamenti ubriachi, al termine dei festeggiamenti rientrarono a casa senza di loro. Al mattino, quando Ecuba ritornò al tempio, vide che i sacri serpenti stavano leccando le orecchie dei bambini e urlò terrorizzata. I serpenti subito sparirono strisciando in un cespuglio di alloro, ma da quel momento Cassandra ed Eleno ebbero il dono della profezia.
Divenuta sacerdotessa nel tempio di Apollo Cassandra profetizzò varie sciagure che puntualmente colpirono il suo popolo; nel corso di queste visioni entrava in uno stato di trance estatica tanto profonda che i suoi stessi famigliari finirono con il considerarla folle.
Le due più note sono quella con cui annunciò il danno che Paride avrebbe fatto recandosi a Sparta (dove rapì Elena) e quella, confermata anche dal veggente Laocoonte che per questo ci rimise la vita insieme ai due figli perché Athena , favorevole ai Greci, li fece stritolare da Porcete e Caribea, due enormi serpenti giunti dal mare, con cui mise in guardia il suo popolo dal pericolo insito nel cavallo di legno artatamente abbandonato sulla spiaggia di Troia dagli Achei quando questi avevano fatto finta di partire per ritornare in patria.
La sua figura terrorizzata e sottomessa la ritroviamo al momento in cui Troia, caduta in mano ai Greci, era stata data alle fiamme.
Cassandra si rifugiò infatti nel tempio di Atena dove venne sorpresa da Aiace Oileo che la afferrò per i capelli. Lei aggrappandosi al simulacro ligneo che aveva sostituito il Palladio, cercò di resistergli; ma il miscredente guerriero spregiatore degli dei, ormai completamente invasato, la strappò via rovesciando la statua e la violentò, mentre l’immagine di Atena distoglieva gli occhi sgomenta dall’orrore.
A seguito di questo, l’assemblea degli Achei aveva deciso di condannarlo a morte per lapidazione, in modo da espiare il sacrilegio che minacciava l’intera comunità; Aiace evitò la morte correndo a rifugiarsi presso l’altare della stessa Atena.
Durante la spartizione del bottino, Cassandra venne presa da Agamennone come concubina e portata a Micene. Qui diede ad Agamennone due gemelli, Teledamo e Pelope, profetizzando all’Atride la sua rovina. Ma quest’ultimo non volle credere alle sue parole e per questo cadde nella congiura organizzata contro di lui dalla moglie Clitemnestra e da Egisto, nella quale morì la stessa Cassandra.
Gruppo scultoreo del “Laocoonte e i suoi figli”
“Ajax and Cassandra”
J. Solomon (1896)