VULCI AFFASCINA IL MONDO
La leggenda vuole che Vulci venga abbandonata nel X sec. D.C. dopo una feroce incursione dei saraceni che risalendo il Fiora avrebbero messo a fuoco l’antico sito etrusco e romano. Comunque andarono le cose, certo è che della città di Vulci si perse presto la memoria e solo nella seconda metà del XV secolo Annio da Viterbo identificò correttamente il luogo dell’ antica città sul “pianoro” chiamato Pian de’Voci. I primi scavi si ebbero alla fine del XVIII secolo ad opera del cardinale Pallotta e di F.Prada; furono però i fratelli Campanari ad avviare l’indagine più estensiva organizzandosi in società con il governo pontificio. In particolare tra 1828 e il 1837 i Campanari rinvennero importanti tombe etrusche: la tomba del Sole e della Luna, quella dei Soffitti Intagliati e quella “Campanari”, quest’ultima ricostruita nel 1837 in una celebre mostra a Londra che segnò l’avvio del profondo interesse per il popolo etrusco nel mondo anglosassone.
Nella prima metà dell’Ottocento non solo i Guglielmi di Vulci ma anche Luciano Bonaparte, principe di Canino e fratello dell’Imperatore Napoleone, diedero vita ad importanti scavi archeologici anche nell’area delle necropoli orientali dove venne alla luce il tumulo della Cuccumella e nel 1839 la tomba di Iside, i cui materiali sono oggi esposti in parte al British Museum. Il richiamo del mondo etrusco si faceva sempre più forte e anche dopo la morte di Luciano Bonaparte gli scavi proseguirono come ricorda George Dennis, appassionato studioso inglese al quale si deve una emozionante descrizione della sua visita nella città di Vulci. Lo stesso romanziere inglese David Herbert Lawrence , agli inizi del ‘900 raggiunto il “pianoro” di Vulci su un carretto noleggiato a Montalto di Castro, manifestò il suo stupore lasciando la celebre frase “c’è qualcosa di inquietante a Vulci, qualcosa di molto bello”, testimonianza del fascino etrusco.